mercoledì 13 febbraio 2008

bring the noise


Ho ripreso in mano un vecchio vinile oggi. I Public Enemy. Che nel 1988 arrivano alla perfezione con questo disco, It takes a nation of millions to hold us back, un classico della canzone di protesta americana e gemma fulgida nella storia dell’hip hop. E’ nel 1983 che Chuck D (aka Carlton Ridenhour; la D sta per Dangerous), storico rapper newyorchese, incontra Hank Shocklee e Bill Stephney, con i quali registra il brano Public Enemy No. 1, ispirato al titolo di un brano di James Brown. Il pezzo inizia a girare nelle radio del circuito dei college, e nel frattempo alla posse si unisce William Drayton (ovvero Flavor Flav). Il co-fondatore e produttore della Def Jam Records, Rick Rubin, ascolta il brano e ne resta completamente ammaliato. Chuck D viene allora preso sotto l'ala protettiva della label e forma un gruppo con il dj Terminator X, Professor Grimm (il “Ministro dell’informazione” del gruppo), il team di produzione Bomb Squad (tra cui Shocklee) e la Security of the First World (colorita squadra di guardie del corpo). Nel 1987 la formazione così composta pubblica Yo! Bum Rush the Show, album di debutto caratterizzato da strumentali semplici e scandite, e rime dense di figure retoriche e politica, cercando di realizzare il sogno dello stesso Chuck D, cioè un gruppo che vendesse, ma che fosse rispettato nell'underground, e che potesse dire la propria a livello politico. Il disco si rivela uno dei più intensi, underground e innovativi lavori hip hop del decennio, ma niente di eccezionale rispetto al suo monumentale seguito.
It takes a nation… è un album senza precedenti che riscrive le regole di ciò che il rap poteva fare, riconfigurando i suoi elementi in un suono emozionante, moderno, fresco. I Public Enemy fanno loro l’idea dei Run-D.M.C. che un gruppo rap potesse avere la stessa carica di una rock band, portando nelle loro tracce sonorità free jazz, hard funk e hardcore creando un flusso di parole e beat micidiale mai sentito prima. Con basi potentissime, perfette per il flow tumultuoso e ironico di Flav e Chuck, il disco si costruisce la nomea di rivoluzionario e lo stesso Chuck considera il proprio rap come “The Black CNN”, in quanto informa in tempo reale cosa succede nel ghetto. E immediato è anche l’interesse nei confronti del gruppo da parte del mondo rock, che trova in pezzi bellicosi come Bring the noise, Don’t believe the hype e She watch Channel Zero?! lo spirito che fu di MC5 e Dead Kennedys. La crescita nei testi di Chuck D è impressionante, con una forza realmente rivoluzionaria, una visione chiara della situazione sociopolitica ed un vocabolario senza limiti che si fondono in argomenti logici e galvanizzanti, inattaccabili. E il contrasto del corrosivo sarcasmo del folletto Flavor Flav non fa che rafforzare il tutto. Un disco tuttora insuperato.

2 commenti:

Kekko ha detto...

She Watch Channel Zero (campionamenti di Angel Of Death) è il loro pezzo più bello fino a quando li ho seguiti. penso in generale. Per quanto il mio cuore stia tutto dentro a Fear Of A Black Planet...

diego ha detto...

YO.