martedì 15 gennaio 2008

crollo


Ho amato, incondizionatamente fin dall'inizio, da "Estensione del dominio della lotta", il lucido e spietato realismo di Michel Houellebecq, che considero uno dei massimi autori di questo inizio millennio. E' stata quindi una bella sorpresa scoprire, un paio d'anni fa, un autore altrettanto inesorabile nella sua disamina del genere umano, qui in Italia. Vitaliano Trevisan è un vicentino classe 1960 (dunque un paio d'anni più giovane di Houellebecq) che dopo aver esordito nel 1995 è cresciuto a dismisura (nel frattempo occupandosi anche di cinema - con sceneggiature e interpretando il film di Matteo Garrone "Primo amore" - e musica), fino ad arrivare a due capolavori come "I quindicimila passi" (2002) e, soprattutto, l'ultimo "Il ponte - Un crollo", in cui il paragone con Pier Paolo Pasolini è inevitabile. Anche in questo breve romanzo ritroviamo l'alter ego letterario di Trevisan, Thomas, che con implacabile rigore ci mette di fronte allo squallore di certa vita in provincia (credo che nel vicentino lo odino alla morte...), ai contorti meccanismi della famiglia, alla pochezza politica del nostro paese, allo smarrimento di chi, in questo paese, sceglie di vivere di e per la cultura. La trama, solo leggermente gialla, è un pretesto per lunghe e profonde digressioni ipercritiche del protagonista (scappato dal suo agghiacciante ambiente familiare e trasferitosi in Germania) nei confronti degli altri, dell'Italia, di se stesso. E, come per Pasolini, il crollo del titolo è quello del passato nel presente: "In Italia, pensavo, il senso dello stato è sempre stato assente, ma mai così palesemente e sfacciatamente assente e paurosamente coincidente con l'interesse privato di quanto lo sia ora. Se sono arrivato a rimpiangere i politici democristiani, penso, vuol dire che il fondo è stato toccato davvero. Povero Pasolini, che riponeva le sue speranze nei giovani comunisti! Se solo li vedesse ora, quei piccolo borghesi di sinistra che hanno tradito in tempo di pace, per salvare i loro appartamenti in centro, o le loro ville e villette in Toscana, o le loro barche a vela eccetera .... Precipitati, pensai, arrivati al fondo da tempo, e nel fondo c'è poco, e quel poco è il peggio. Tutti quei giornali e telegiornali di merda, pensavo, non fanno che testimoniare fedelmente la situazione di quel paese cosiddetto democratico cosiddetto cristiano, che ormai da decenni ha toccato il fondo, e da anni non fa che rimestare nella merda democristianocattolica rimasta sul fondo, la quale, essendo la merda rimasta sul fondo, è la merda peggiore di tutte. I giornali di tutto il mondo, da sempre, sono specializzati nel rimestare nella merda, ma nessuno al mondo rovista così volentieri e appassionatamente come i giornali italiani. Nessuno al mondo si avvicina anche solo lontanamente alla sfacciataggine con cui i giornali italiani si vantano e addirittura si gloriano del loro rovistare e rimestare nella merda, rovistare e rimestare che, essendo, inevitabilmente un rovistare e rimestare all'italiana, è sempre un rovistare e rimestare scomposto e disordinato...". E così via. Forse dovrei citare tutto il libro, perchè nessuna parola è di troppo. Forse lo farò.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Belle cose e giuste dici caro, il trevisan è un vero genio della penna quanto della pena (intesa come la pena di vivere, cose che per chi vive con la cana del gas in gola ben conosce). Di monsieur Houellebecq consiglio caldamente la lettura di LA POSSIBILITÀ DI UN ISOLA, romanzetto intimista ma con inseriti futuribili e cyberpunk. Lunga vita al trevisan e ai libri che cadono nei fiumi!!!