Nella seconda metà degli anni Ottanta una nuova generazione di sceneggiatori e disegnatori irrompe sulla scena dei comics americani, soprattutto quelli editi da Marvel e DC e quindi aventi a che fare con la maggior parte dei supereroi, sull'onda innovativa provocata da gente come John Romita Sr. prima e Frank Miller e Romita Jr. poi. Il la lo dà Miller nel 1986 con "Batman: the Dark Knight returns", una graphic novel monumentale e intrisa di temi politici in cui l'Uomo Pipistrello diventa un antieroe lontano anni luce dagli standard abituali. Tocca poi al canadese Todd McFarlane reinventare completamente Spiderman, grazie a uno stile del tutto nuovo, ipercinetico, che rompe gli schemi del comic book. Sempre nell'86 altri due capolavori come "Watchmen" di Alan Moore e Dave Gibbons (con Moore che veniva dall'immenso "V for Vendetta") e "Elektra: Assassin" di Miller e Bill Sienkiewicz completeranno la rivoluzione della figura del supereroe e del modo di disegnarlo. Non più il difensore dei deboli e della libertà in costume sgargiante, ma uomo cupo, prigioniero del proprio personaggio, impuro, ossessionato dal passato, da mille problemi, dal peso delle responsabilità, rappresentato con forme e oscure sfumature cromatiche che nulla hanno a che fare con la tradizione. Ma il picco di questa nuova tendenza viene raggiunto nel 1990 con la graphic novel "Arkham Asylum: a serious house on serious earth", scritta da Grant Morrison e disegnata magistralmente da Dave McKean. Lo scozzese Morrison, legato da una sorta di amore/odio a Moore, viene chiamato dalla DC, che voleva proseguire nel trend di autori britannici, proprio a sostituire Moore. La sua versione del vecchio gruppo di supereroi della Doom Patrol è la serie che gli dà subito la fama oltreoceano, per il trattamento inconsueto che riesce ad infondere nella sceneggiatura di un fumetto di supereroi. E anche McKean, inglese, tra l'altro ottimo jazzista, viene dal capolavoro "Black Orchid", realizzato con Neil Gaiman. Se nel devastante "Dark Knight returns" Frank Miller ci aveva restituito un Batman più umanamente tormentato e spiritualmente più vicino al comune patire, quello del duo Morrison-McKean che si aggira nell'antico Arkham Asylum (il manicomio di Gotham City) è un Bruce Wayne estremo, abissale, costantemente in fuga da se stesso, in bilico tra una salvezza che il finale annuncia improbabile o sfregiata, e la perdizione definitiva. Dentro Arkham - dove è intervenuto a causa della rivolta dei pazienti (ossia i suoi più storici nemici) - Batman ritrova ovviamente la nemesi The Joker, vero protagonista di tutta la vicenda e chiaro rappresentante del lato più oscuro e malato di Wayne. In questo geniale romanzo visivo Morrison riesce a mischiare con naturalezza l'azione con una visione onirica e decisamente surreale, caratterizzata da vari elementi (dadaismo, supereroismo, strutturalismo, ecc), arrivando a una versione allucinata e psicotica di Batman e dei suoi nemici tuttora insuperata. Non da meno McKean, grazie a un codice iconografico straordinario e vertiginoso. L' artista inglese è un Bacon del fumetto (il lavoro è caratterizzato dalla commistione di varie tecniche, quali disegno tradizionale, fotografia, collage e computre grafica) in cui astrattismo avanguardista, reminiscenze classiche e moderne si fondono naturalmente, per accumulazioni, per sovrapposizioni inaspettate, scolpendo personaggi ora travagliati, lugubri e gotici, ora sfocati ed imprendibili.
Dopo Arkham Asylum la parola "fumetto" suonerà per sempre un po' riduttiva...