domenica 28 dicembre 2008

Ascolti 08


Siccome è impossibile sottrarsi al giochino della classifica di fine anno, eccola qua, a cuor leggero

N. 10 - Bachi da Pietra -
Tarlo terzo

Il terzo disco di Giovanni Succi e Bruno Dorella ribadisce ulteriormente quanto questo sodale sia una delle cose più belle accadute all'underground italico degli ultimi dieci anni. Bruno alle pelli e Giovanni che scrive, canta e suona la chitarra. Un'atmosfera nerissima e testi da incidere a fuoco nella memoria. "c'è un prezzo che ci compra e una morale che ci assolve pronta...". Migliore uscita italiana in assoluto, e non a caso arriva la produzione di Bronson, che per certe cose l'intuito ce l'ha...

N. 9 - Fennesz - Black Sea

Il più bel disco di Christian Fennesz a tutt'oggi esce quasi fuori tempo massimo per l'inclusione nel meglio del 2008. La bellezza algida di "Endless summer" e "Venice" acquista interiorità e il mare nero lascia fluire tutta la sua essenza più onirica ed eterea

N. 8 - Wovenhand - Ten Stones

Il misticismo e l'oscurità senza fine di Mosaic si fanno qui elettricità, energia. David Eugene Edwards non assolve nessuno e quasi quasi ti verrebbe anche a te da crederci, nel suo dio. E se in passato Wovenhand ti ammaliava in una spirale visioni ultraterrene, ora è difficile non farsi travolgere. Difficile e sbagliato

N. 7 - Marianne Faithfull - Easy come easy go

Tra un cameo di Nick Cave e uno di Cat Power, un vocalizzo di Antony e uno di Rufus Wainwright, un controcanto di Sean Lennon e uno di Jarvis Cocker (e gli apporti strumentali di Keith Richards, Marc Ribot, Jim White, Warren Ellis), qui non si poteva sbagliare. “Easy come easy go” è un disco tributo – la specialità della Faithfull – alle icone del rock’n’roll esistenzialista e a tutta la migliore american music, il jazz e il musical, il folk e il blues, il country e il rock del 2000

N. 6 - The Black Angels - Directions to see a Ghost
Era da un bel po' che non si sentiva un sitar così. In quanto a psichedelia i Black Angels se la cavano meglio di chiunque altro fin dallo scioglimento degli Spacemen 3 – ascoltiamo l’oscura e ieratica "Science Killer" e i sedici minuti della conclusiva "Snake in the Grass" – e sono anche in grado di ravvivare la propria pesantezza con una conoscenza funzionale degli agganci pop e di come utilizzarli

N. 5 - Calexico - Carried to dust

John Convertino e Joey Burns fanno più o meno lo stesso disco da dieci anni ma se ti piace il suono del west, del meticciato, delle atmosfere à la Morricone, di qui ci devi passare per forza. E col tempo il tutto è sempre meglio. In "Carried to dust" c'è poi "Two silver trees", che è il più bel singolo dell'anno

N. 4 - Aufgehoben - Khora

Ancora Holy Mountain per gli eccezionali Aufgehoben e il loro strepitoso quinto album. Il loro cattivissimo power noise rock è ostile come delle bestie feroci meccaniche ingabbiate a forza tramite livelli di distorsione, percussioni pietrose e un ampio spettro di sovratoni prodotti dalla corde della chitarra graffiate e scorticate. Un suono che, pur decisamente ostico, sotto la scorza grezza si rivela ascolto dopo ascolto molto finemente modulato e mai fine a se stesso, evolvendosi peraltro fortemente nel corso degli anni. Dimostrazione ne è appunto “Khora”. Se il precedente “Messidor” sembrava aver allentato leggermente la morsa corrosiva della band, il quinto disco la ricompatta. Percussivo e anarchico, “Khora” si libera di qualsivoglia schema e forma rock per farne un’ascia bipenne con cui sfrondare i nostri nervi.

N. 3 - Portishead - Third

A dieci anni dal loro ultimo lavoro (tra l'altro un live), Beth Gibbons e soci sgombrano ovviamente il campo da Bristol sound, trip-hop e quant'altro per un disco sbalorditivo che recupera in pieno il loro fulgore ma da prospettive totalmente inaspettate.
Tornano allora prepotentemente in risalto l'elettronica (ma questa è un'altra roba), l'accavallamento e l'intersezione stilistica, e il ricorso a sonorità di ogni risma (ricavate persino da un tenue banjo all'interno di Deep Water), ma sono soprattutto le virtù vocali della Gibbons ad esaltare un album che non è in nessun modo catalogabile come un succedaneo dei primi due.

N. 2 - T Bone Burnett - Tooth of crime
Come spiega magistralmente Mr. Crown nei suoi Crownicles, questo disco ha la dote rara di evocare visioni, e non è un caso.
L'album è infatti l'ultimo frutto della lunga collaborazione di T Bone con il drammaturgo Sam Shepard, che scrisse inizialmente la commedia "Tooth of crime" nel 1972, ambientandone però l'azione in un'epoca molto simile a quella attuale. Le canzoni ispirate ad essa sono venute fuori come infrangendo uno specchio, mille pezzi con mille sfaccettature diverse, diventando un distillato di conflitti moderni e di drammi personali, con arrangiamenti che sono immaginativi ed inventivi, ed esecuzioni che sono capolavori in serie.

N. 1 - Fuck Buttons - Street Horrrsing

Loro sono in due (Andrew Hung e Benjamin John Power), sono inglesi, si chiamano Fuck Buttons e il loro primo album, il più bello del 2008, è un insieme di strati e sovraincisioni elettroniche rumoriste. Un disco fisico e crudo, 50 minuti impegnativi, sei lunghi pezzi in costante disequilibrio tra strutture spigolose e la morbidezza di alcuni frammenti di melodia disseminati tra le pieghe di una logica pop completamente ribaltata. Grida, voci snaturate e sature di effetti, nessuna chitarra, drone ossessivi e maltrattati. Un maelstrom di elettronica impazzita nel fondo del quale una pura, cristallina bellezza ti guarda dritto negli occhi. Meraviglioso.

Da questa scelta sono rimasti esclusi molto a malincuore Ascend, B. Eno & D. Byrne, Metallica, Boduf Songs, Vic Chesnutt & Elf Power, Notwist, Prurient, Larkin Grimm