giovedì 20 marzo 2008

vote or die?


Ieri sera ho rivisto una geniale puntata di South Park che mi ha ovviamente chiarito definitivamente le idee sul cosa fare alle prossime elezioni italiche: io non voterò.
Nel geniale episodio alcuni animalisti proibiscono alle elementari di South Park di utilizzare una mucca come mascotte della scuola. I bambini sono allora invitati a proporre e votare la nuova mascotte, ma per uno scherzo di Cartman e Kyle la scelta finale sarà tra un panino alla merda o una peretta gigante. Proprio per questo motivo Stan si rifiuta di votare, visto che per lui sono entrambe orrende, ma il suo rifiuto di avvalersi di "uno dei principi cardine della democrazia" gli costerà l'esilio dalla città.
E qui sta proprio il punto della situazione politica italiana: votare per Berlusconi o Veltroni è come scegliere tra un panino alla merda e una peretta gigante. Negli ultimi anni di vomitevole panorama politico ho sempre reisistito al fortissimo impulso di mandare tutti a fare in culo solo perchè all'ultimo vinceva sempre la considerazione che uno schiaffazzo in piena faccia (il centrosinistra) è pur sempre meglio di un calcio nelle palle (la vittoria del centrodestra), ma adesso basta.
Il fatto poi che il voto sia "un diritto ma anche un dovere" non ha per me più alcun valore; un diritto ci può anche stare (sebbene sia convinto che molti dovrebbero conquistarselo, questo diritto) ma un dovere proprio no (lo sarebbe se chi viene eletto di volta in volta facesse il suo, di dovere). E considerato anche che non ritengo affatto la democrazia come la miglior forma possibile di governo, io quest'anno il 13 e 14 aprile me ne vado a pescare.
Ora mi sento meglio.

lunedì 3 marzo 2008

no country for old men


Il nuovo film dei fratelli Coen è un'opera perfetta, in cui tutto - cast, sceneggiatura, fotografia, luci, soundtrack, regia ovviamente - si fonde dentro una storia (tratta dal premio Pulitzer Cormac McCarthy) strepitosa, sghemba, sorprendente, tesa a superare la visione di un West degli Stati Uniti come miticamente violento per mostrarne invece l'aspetto realmente violento. Ma ai Coen non interessa una cinica e compiaciuta presa d'atto di una realtà innegabile. L'iperbole è la cifra stilistica di "Non è un paese per vecchi" ma i due registi non si fermano alla coreografia raffinata della violenza. Non si accontentano di ironizzare. Non gli basta mostrare quanto sono bravi a suscitare il riso dinanzi a un brutale assassinio. Non è questo il loro scopo. Ciò che per loro conta è riuscire a mettere in rilievo anche solo una scintilla di umanità in un mondo che sembra governato dalla follia. Ed ecco allora il personaggio del cauto, quasi pavido sceriffo interpretato da un grande Tommy Lee Jones (che ormai potrebbe venire candidato all'Oscar anche se lo filmano in fila alle poste), un uomo la cui normalità detta gli equilibri nello scontro con la geniale malvagità dello psicopatico Chigurh/Bardem.
Il film, uno dei più belli degli ultimi dieci, quindici anni, è destinato a divenire un classico di tutti i tempi. Ma non ricordo un'opera dei Coen che non lo sia.